Dopo un anno “da remoto” il lavoro è cambiato: ora serve meritocrazia
A cura di Paolo Ferrario Presidente e AD di e-work
Come agenzia per il lavoro, siamo degli osservatori privilegiati di cosa accade e di come stia cambiando il lavoro, e questo è stato tanto più vero in questo ultimo anno che ha così scosso abitudini e metodologie di relazione. Poter gestire tramite la nostra attività i cambiamenti per aziende di ogni settore e mansione ci ha permesso di toccare con mano la realtà di ciò che è accaduto in questo anno di pandemia.
Sì il lavoro è cambiato, il lavoro da remoto – uso volutamente questo termine e non smart working- è entrato prepotentemente nelle vite di tutti noi e nelle abitudini dei lavoratori e delle aziende, con le sue positività e con le sue paure: quello delle persone che l’hanno dovuto mettere in pratica e delle persone che all’interno delle aziende hanno dovuto gestirlo e amministrarlo. Sono cambiati anche gli schemi e le attitudini, anche vedersi sempre in ambienti privati ha cambiato il modo di relazionarsi che è più informale. Abbiamo visto le case dei colleghi, ci siamo fatti un’idea della loro vita; sembrano tutti aspetti poco importanti ma invece non lo sono.
In Europa sono 100 milioni i dipendenti passati al lavoro a distanza e di questi 45/50 milioni lo hanno fatto per la prima volta; la cosa che stupisce di più è che 2 dipendenti su 3 di questa mole incredibile di persone, dopo questa esperienza, che è stata forzata dalle circostanze pandemiche, oggi si aspettano di lavorare da remoto sempre più spesso. Non è una condizione che appartiene al momento brutto e drammatico della pandemia che è finito o finirà: questa abitudine del lavoro a distanza è un dato di fatto; le persone se lo aspettano anche per il futuro perché hanno acquisito in questo periodo nuovi parametri di valutazione di quelle che sono le proprie abitudini e abilità lavorative; si sono abituate ad avere più flessibilità e dato una svolta alle proprie priorità e hanno sicuramente una percezione più alta della propria responsabilità lavorativa. La situazione di emergenza ha solo accelerato, anche in Italia, un processo che in altri paesi europei in grandissime aziende è realtà da parecchio tempo.
Quello che colpisce è l’apparente facilità con la quale i lavoratori dichiarano di essersi adattati a questa nuova condizione di lavoro: l’85% delle persone dichiara di essersi adattata con successo alla situazione. Queste risposte sono condizionate tantissimo nella maggior parte dei casi dalle condizioni di vita migliorate: tempo risparmiato, risparmio economico, maggior tempo da poter dedicare alla famiglia. E’ altrettanto vero che la buona percentuale del successo di come sia stato percepito questo strumento di lavoro a distanza è dato dalla solidità di rapporto che si è trovata con i colleghi, ma soprattutto dalla grande fiducia data alle persone dai leader aziendali, dai propri responsabili. E questo è l’aspetto più importante che esce da queste analisi e che traccia il futuro vero del lavoro.
Certo, nasce anche qualche paura. Quello che noi percepiamo da parte degli imprenditori con i quali dialoghiamo, nelle direzioni del personale, è il timore di non sapere gestire una forza lavoro cambiata, più autonoma e meno fisica. Questa è la vera sfida: imparare a gestire persone cambiate nelle proprie abitudini, aspettative e responsabilità. Questo comporterà l’abbandono di alcuni schemi di valutazione stessa delle risorse umane all’interno delle aziende anche di quelli retributivi; ci si sposterà sempre di più in una valutazione a risultato e non certo nella direzione che portava l’imprenditore “vecchio stampo” a dire che i migliori dipendenti sono i primi ad arrivare la mattina e gli ultimi ad andarsene la sera: si tratta di un cambiamento radicale nella metodologia di gestione e valutazione delle risorse. Come sempre accaduto nei momenti di forte cambiamento, la grande scommessa per le aziende sarà avere la forza e il coraggio di investire nella formazione che diventerà sempre più importante e tornerà ad essere ancora più importante se svolta in presenza per compensare quei momenti di distanza nell’attività lavorativa. Si tratterà di un’attività di formazione che oltre a coniugare i rapporti avrà il compito di abituare sempre più le persone ad amministrare se stessi. Queste sono le cose fondamentali che si percepiscono.
Una delle competenze nuove per tutti i tipi di manager è quella di avere non solo capacità di leadership ma di saper valutare le persone con una metodologia innovativa.
Dobbiamo abituarci a leggere le skills delle persone in modo differente: andare a valorizzare le loro reazioni, metodo e approccio lavorativo in un modo completamente diverso. La vera sfida che ci attende, sarà non far perdere l’identità aziendale e saper introdurre il valore più autentico della meritocrazia.