A cura di Carlotta Dragoni, Psicologa del Lavoro
Negli ultimi anni, soprattutto in seguito alla pandemia, la visione dell’impiego e del lavoro è cambiata drasticamente. L’evidenza di questo cambio di prospettiva è data dalla nascita di un nuovo fenomeno socio-economico: “The Great Resignation”, le grandi dimissioni.
Sviluppatosi negli USA agli inizi del 2021, esso si è diffuso negli stati europei e in Italia nel corso dell’ultimo anno con una ricaduta su tutti i settori economici. Secondo i dati del Ministero del Lavoro (2022), sono state 524.417 le dimissioni firmate tra luglio e settembre del 2021, in aumento dell’8% rispetto al secondo trimestre dello stesso anno e con un incremento dell’85% se paragonate allo stesso periodo nel 2020.
Sicuramente la pandemia ha avuto una parziale influenza, ma cos’altro ha spinto le persone a decidere per un cambio di lavoro?
Tra le motivazioni che portano una persona ad abbandonare il proprio posto di lavoro non ci sono solo questioni di natura economica (che scendono nel 2021 dal 14% al 4% rispetto all’anno precedente), c’è la cosiddetta work-life balance, ovvero la capacità di trovare un giusto equilibrio tra la sfera lavorativa e quella privata che interessa il 12,4% delle persone intervistate, l’assenza di prospettive di crescita nel posto di lavoro attuale (20,5%), la ricerca di un’organizzazione che abbia una cultura aziendale stimolante (24,6%) e che possa offrire un’esperienza di lavoro sfidante (11%).
Secondo l’IBM Institute for Business Value (2021), su oltre 14mila lavoratori di tutto il mondo, il 32% vorrebbero di far parte di una realtà disposta ad essere più flessibile (32%) e che dia loro ruoli e responsabilità più mirati e soddisfacenti (27%). Oltre il 40% del campione totale ha evidenziato come sia importante che l’etica e i valori del datore di lavoro riescano a motivarli e farli sentire parte di un gruppo. Le caratteristiche invece più ricercate in un nuovo posto di lavoro sono l’equilibrio tra lavoro e vita privata (51%) e le opportunità di avanzamento di carriera (43%).
Per un lavoratore sentirsi appagato e crescere a livello professionale, acquisendo sempre più competenze e responsabilità è dunque quanto mai importante.
A tutto questo si aggiunge anche una forte domanda delle aziende che in seguito alla ripartenza economica, ha dato una ulteriore spinta al mercato del lavoro e ha facilitato la ricerca di nuove posizioni lavorative.
Performance aziendale e soddisfazione personale
Se da una parte cresce la necessità delle aziende di essere sempre più performanti e produttive, dall’altra emerge il bisogno del lavoratore di vedere il proprio tempo e la propria persona valorizzati. Imperativo diventa la creazione, la riorganizzazione di contesti aziendali orientati a migliorare le relazioni tra le persone, facilitandone la vita lavorativa e supportando il loro bisogno di soddisfazione personale.
Portando al centro della crescita dell’azienda lo sviluppo umano, si registra un decremento del 15% di assenze per dipendente, e un incremento della percentuale di ore lavorate in più (5%) e della soddisfazione sul lavoro (55%).
Secondo i risultati di uno studio condotto da McKinsey (2021) esiste un bias tra le motivazioni reali che spingono gli individui a valutare un cambiamento professionale e quelle che invece ipotizzano i loro datori di lavoro.
Infatti, le prime tre cause che spingono ad un cambio di lavoro citate dai dipendenti sono: il non sentirsi apprezzati dalle loro aziende/organizzazioni (54%) o dai loro responsabili (52%) e il non sentire un senso di appartenenza al team di lavoro (51%). I datori di lavoro, invece, pensano che i dipendenti in genere si licenzino principalmente per la scarsa retribuzione, la mancanza di equilibrio tra lavoro e vita privata e la disattenzione dell’organizzazione verso la salute fisica ed emotiva dei propri lavoratori.
L’importanza delle soft skill
Su quali aspetti puntano invece le aziende? Una ricerca svolta da Boyatzis (1982), psicologo teorico organizzativo americano, indicava già all’inizio degli anni Ottanta, un interesse verso competenze non tecniche (soft skill), fondamentali per il raggiungimento del successo aziendale.
Secondo un’inchiesta attuale, svolta da LinkedIn nel 2020, le competenze trasversali più richieste oggi dalle aziende sono: creatività, persuasione, collaborazione, adattabilità, intelligenza emotiva. La creatività intesa come capacità di riconoscere e creare tra due differenti elementi (pensieri, oggetti) connessioni e relazioni che portano a innovazioni e cambiamenti, La collaborazione, utile all’interno del contesto lavorativo poiché influisce sulla produttività.
La persuasione vista come un processo comunicativo che si avvale sia di argomenti razionali, sia di stimoli emozionali per modificare l’atteggiamento del ricevente verso il messaggio. L’adattabilità, declinata in Career Adaptability, ovvero “propensione ad affrontare in modo adeguato i compiti evolutivi per prepararsi e partecipare al ruolo lavorativo e adattarsi alle richieste impreviste” per essere più ottimista, positivo, organizzatore del proprio lavoro e più abile nell’affrontare situazioni difficili, nonché ad avere livelli più alti di benessere e minor stress lavorativo. Infine, l’intelligenza emotiva, concepita come l’abilità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie e altrui emozioni.
In seguito a queste evidenze, cosa può fare e-work per aiutare le aziende ad affrontare questo cambiamento e attrarre e valorizzare al meglio le risorse nell’organizzazione?
Persone al centro: analisi del clima lavorativo e formazione
L’attività di e-work valorizza la nuova visione della professione e dell’organizzazione aziendale, che pone al centro l’individuo, e che diventa la nuova chiave di lettura delle organizzazioni.
Se ad un numero non definito di persone (aventi differenti ruoli, responsabilità, nonché personalità, necessità ed esigenze) vengono proposti gli stessi percorsi di valutazione, formazione e sviluppo professionale, la probabilità che questi ultimi siano realmente efficaci è infatti molto bassa.
e-work, pertanto, come partner, suggerisce prima di ogni intervento di formazione e valutazione, un’analisi del clima e del benessere organizzativo: un percorso strategico, sviluppato insieme ai responsabili delle risorse umane ed alle professionalità cardine dell’azienda, che fornisce una fotografia dell’organizzazione, dello stato di salute della stessa, così come delle persone che ne fanno parte, rendendo esplicito come viene vissuta e percepita collettivamente la stessa dalle risorse interne.
Ancor prima della capacità di attrarre nuove risorse, è diventato elemento fondamentale gestire al meglio il talento già presente in azienda, formare e mantenere i propri collaboratori aggiornati per dar loro valore, al fine di accrescere la motivazione del dipendente e per contrastare la competitività (in continua crescita) del mercato.
Il clima presente all’interno di un’organizzazione dipende da molti fattori e influisce sia sull’andamento delle attività aziendali (performance) che sui comportamenti delle singole persone (soddisfazione, motivazione).
Se una persona non sente di far parte dell’azienda in cui lavora, tenderà a impegnarsi sempre meno, soprattutto in caso di mancanza di riconoscimento di meriti e in presenza di relazioni negative con colleghi e responsabili. Una ricerca effettuata dall’Osservatorio Job Pricing sulla Salary Satisfaction, dimostra come un cattivo rapporto con il proprio capo sia tra i motivi più importanti per voler lasciare l’azienda.
Ogni azienda ha un’identità diversa e un pubblico di lavoratori differente, per questo motivo e-work crea percorsi di studio del clima aziendale personalizzati.
I percorsi vengono quindi implementati tenendo conto il più possibile dell’individualità dell’azienda e di ogni risorsa, in modo che ogni figura professionale presente, differente per seniority e ruolo ricoperto, riceva formazione il più personalizzata possibile.
In caso di esiti negativi nell’area delle relazioni possono essere ad esempio implementati percorsi incentrati sull’intelligenza emotiva, sulla comunicazione efficace e sulla leadership, soprattutto per i profili più manageriali. Se emergono lacune nel problem solving si punterà invece a sviluppare strategie per affinare la gestione dello stress e la prevenzione del burnout.
Sicuramente è importante sviluppare l’analisi del clima organizzativo tenendo conto anche delle nuove modalità di lavoro: smart-working e lavoro agile.
L’obiettivo finale dell’analisi è il performance improvement, ovvero il miglioramento delle prestazioni personali ed organizzative attraverso il potenziamento delle competenze degli individui che diventano protagonisti attivi del proprio processo di valutazione e del processo di cambiamento aziendale.
L’idea di base, per e-work, è che un’organizzazione possa raggiungere risultati migliori ed essere maggiormente produttiva, soprattutto se coltiva in modo corretto le competenze delle risorse presenti all’interno dell’azienda, non attraverso percorsi standardizzati ormai antiquati e inefficaci, ma attraverso percorsi tailor-made, studiati e creati in base alle sue reali esigenze e necessità.